Questo nuovo full del gruppo è incentrato sulla vita e il lavoro del regista Alfred Hitchcock, il Re della Suspence cinematografica. Ognuna delle undici canzoni incluse nell’album traccia la trama di un film di Hitchcock, tra cui capolavori come “Frenzy“, “Notorius“, “The Birds” e, immancabile, “Psycho“, tutti con un tocco sadico molto particolare dal quale spicca lo stile della band. Musicalmente, “Spellbound” è uno degli album più pesanti e oscuri della band fino ad oggi, ma le influenze di Progressive e Death Metal che i fan della band hanno imparato ad amare sono ancora intatte. La copertina è stata realizzata da SoloMacello (Ennio Morricone, Nick Oliveri, Mos Generator).
Spegniamo dunque le luci in sala e lasciamo che le immagini inizino a scorrere sul telo bianco di fronte a noi. A fungere da titoli di testa troviamo “39 Steps” (l’opera più famosa dell’Hitchcock del periodo inglese, film d’inseguimento all’insegna della leggerezza e dell’umorismo, uscito nel 1935 e conosciuto come “Il Club Dei Trentanove“). Un senso di inquietudine si insinua subito in chi ascolta mentre un pianoforte fa capolino e lentamente prende il controllo della scena supportata da flebili effetti sonori in sottofondo. A poco a poco si avvicinano dei violini dall’aria sofferente che aggiungono malinconia alla paura. Un tappeto sonoro che fungerà da leitmotiv per tutta la durata di questa opener mentre il sound esplode in un Death Metal tecnico e dalle influenze Prog scuro e violento dove il growl cavernoso di Trevor Sadist guida le danze di questa prima storia. A seguire troviamo uno dei film che più ha terrorizzato il pubblico e che ancora stimola abilmente strane sensazioni in chi lo guarda: “The Birds” (“Gli Uccelli“, 1963); nell’interpretazione della band assume tratti che ricordano i Goblin per le atmosfere alla Dario Argento che vengono tessute all’interno dell’arrangiamento e si tinge ancora di più di tinte scure e aggressive che amplificano le già inquietanti e inconsce paure trasmesse dalla pellicola omaggiata. Una canzone forte di una sinergia strumentale molto forte dove le parti di tastiera delineano le atmosfere e chitarra, basso e batteria danno corpo alla violenza e al sadismo che scaturiscono dalle vocals. Si passa ora ad una delle pellicole di inizio carriera del cineasta londinese: “Spellbound” (“Io Ti Salverò“, 1945). Tastiere sempre ben in evidenza e con uno stile che riprende i dettami del Dark Sound tricolore con rimandi alle colonne sonore tipiche dell’epoca aurea dell’Horror/Thriller nostrano e li trasporta all’interno del Death più viscerale e crudo ma allo stesso tempo tecnico e articolato. Altro episodio, altro caposaldo della suspence: “Rear Window” (“La Finestra Sul Cortile“, 1954). Brano dalla ferocia lanciata a briglie sciolte su una ritmica cadenzata e ben scandita e chitarre affilate il tutto intervallato alle armonie Prog della tastiera. L’impronta di questo album è già più che definita e riconoscibile ma ogni brano riesce ad avere una sua personalità distinta che nonostante l’approccio pressoché identico (per quanto ascoltato fino ad ora) coinvolge in maniera sublime ad ogni ascolto. Largo ad uno dei massimi capolavori del cinema d’oltreoceano; qui ribattezzato con il titolo “Bloody Bates“, ecco la libera interpretazione e l’omaggio della Trevor Sadist & Co. a “Psycho“. La follia, il mistero, la vecchia casa, l’hotel, l’emblematica scena della doccia, la paura, il sangue, l’indagine… ogni elemento della pellicola riprende vita tingendosi di un rosso vivo di chitarra e ritmica alternato al nero della tastiera. Un mix tra velocità e repentini rallentamenti dove la band non disdegna fugaci apparizioni melodiche che a tratti diffondo un’aria quasi romantica e gotica. Seguono gli omaggi a “Notorius“, “Stage Fright” (“Paura In Palcoscenico“, 1950), “I’m The Man Who Knew Too Much” (“L’Uomo Che Sapeva Troppo“, uscito in una prima veste nel 1934 e interpretato dalla coppia Leslie Banks e Edna Best e poi girato nuovamente nel 1956 e consacrato agli altari grazie alle interpretazioni magistrali di James Stewart e Doris Day), “Frenzy” (1972) e “The Mountain Eagle” (“Acquila Della Montagna“, 1926). Un susseguirsi di vertigine e aggressività che fa raggiungere a questo nuovo album vertici qualitativi molto alti. Lentamente lo schermo diventa nero e i titoli di coda scorrono lenti sulle note di “Downhill” (“Il Declino“, 1927); traccia totalmente strumentale dalla durata brevissima che riprende i toni dell’iniziale “39 Steps“ e concede alla sola tastiera di salutare a nome di tutti i protagonisti il pubblico in platea.
Cos’altro si può aggiungere a quanto detto? Nulla se non chiudere con un classico: OTTIMO LAVORO!
TRACKLIST:
- 39 Steps
- The Birds
- Spellbound
- Rear Window
- Bloody Bates
- Notorius
- Stage Fright
- I’m The Man Who Knew Too Much
- Frenzy
- The Mountain Eagle
- Downhill
Trevor Sadist – Vocals
Tommy Talamanca – Keys/Guitar
Andy Marchini – Bass
Alessio Spallarossa – Drums
WEB: