Oggi abbiamo intervistato i SETA, quintetto veronese, formato da Luca Tosato, Rudy Ferrarese, Alberto Rossetti, Lorenzo Meuti e Matteo Ortolani, che ci ha favorevolmente impressionati durante la recensione del loro primo lavoro discografico.
Vi auguro una buona lettura.
Partiamo dalle vostre origini artistiche. Quando avete iniziato ad interessarvi alla musica?
Ogni singolo componente ha iniziato ad interessarsi alla musica in modi diversi e in periodi diversi, anche perché abbiamo tutti età differenti; mentre il progetto SETA è iniziato nel 2009 quando io (Luca), Rudy e Alberto abbiamo deciso di iniziare a fare brani nostri. Per un periodo di tempo abbiamo collaborato con alcuni turnisti che ci hanno aiutato a sviluppare alcune canzoni, fino all’arrivo di Lorenzo e Matteo che si sono subito dimostrati interessati al progetto e hanno dato il loro significativo contributo al disco.
Come vi siete conosciuti?
Io, Alberto e Rudy ci conosciamo già da molti anni e suoniamo assieme ormai da oltre un decennio, mentre Lorenzo l’ho conosciuto qualche mese prima di entrare in studio per le registrazioni del disco. Un amico in comune ci ha chiesto di partecipare ad una sua esibizione come strumentisti e c’è stato subito il giusto feeling. Matteo invece ha suonato per un breve periodo con Rudy e ogni volta che ci incontravamo ne parlava così bene che non potevamo non chiedere a lui di prendere parte al progetto SETA.“Seta” è il nome che avete deciso per la vostra band. Come mai avete scelto un termine che rievoca così tanta classe, delicatezza ed eleganza?
Guarda, a dire il vero il nome è nato un po’ per caso e altrettanto casualmente il suo significato ha preso forma nel tempo; nel senso che Seta nell’est Europa viene usato nei cartelli stradali per indicare la presenza di lavori in corso e ci piaceva l’idea di usare questo nome che collimava con il nostro progetto che stava prendendo forma ed era in continua evoluzione. Poi ha trovato il suo significato anche in italiano proprio specchiandosi nella nostra musica. Come dici, infatti, è vero che il termine indica un materiale pregiato ma deriva da una cosa semplice e naturale che è il baco, insomma è un po’ come la nostra musica, una continua ricerca di suoni e di melodie sempre più affinate ma che vengono dal cuore e che nascono giorno dopo giorno, prova dopo prova.Avete dichiarato che “SID” è il brano che, in un certo senso, detta la filosofia alla base della vostra musica. Spiegateci cosa intendete.
Diciamo che SID è il brano simbolo per più di un motivo. Intanto perché è stato il brano con il quale abbiamo iniziato questo progetto ed è stato quello che più di tutti ha accompagnato la nostra crescita musicale subendo continue modifiche fino a poco prima di entrare in studio per registrarlo e poi perché parla di Sid Vicious, una rockstar di altri tempi, che è in netto contrasto con i tempi moderni dove le rockstar non esistono più. Segna quindi il passaggio di un’era, e detta la filosofia della nostra musica e di quello che per noi significa questo disco.Nella storia della musica internazionale, secondo voi, chi è stata la rockstar per eccellenza?
Guarda è una domanda che fatica a trovare una risposta comune perché tutti arriviamo da estrazioni musicali differenti ed è forse proprio questo che ci ha permesso di fare un album diversificato in ogni singolo brano, ma comunque collegato da un filo conduttore comune. Forse la risposta più “diplomatica” a questo punto sarebbe Sid Vicious visto che gli abbiamo dedicato un brano del nostro disco.
Chi di voi scrive i testi delle canzoni?
I testi li scrivo io, ma poi li valutiamo e modifichiamo assieme in studio in fase di stesura delle canzoni. In questo disco la metà dei brani portano la nostra firma.
L’altra metà invece sono testi autoriali che ci sono stati dati all’inizio del progetto. Quindi diciamo che la base di partenza era già in parte tracciata, a noi restava il compito di rendere questi brani nostri e attribuirgli il nostro sound, infatti un grosso grazie per questo disco va rivolto anche ad Alessandro Castagna e Stefano PortaC’è una canzone che avreste voluto scrivere o che vi piacerebbe suonare durante un vostro concerto?
Anche qui purtroppo non possiamo darti una risposta che sia comune a tutti proprio per la diversa estrazione musicale di ogni singolo elemento della band. Diciamo che per adesso stiamo suonando quello che volevamo scrivere quindi penso che siano tutte le canzoni del nostro disco quello che volevamo fare. Siamo davvero contenti del lavoro fatto per il nostro primo disco, pur capendo razionalmente che ne abbiamo ancora tanta di strada da fare e di miglioramenti da apportare.Con quale artista vi piacerebbe fare una collaborazione musicale?
Per risponderti a questa domanda premetto che, per arrivare a trovare i suoni di questo disco, abbiamo dovuto ascoltare musica italiana con forti influenze elettroniche che potesse farci capire come muoverci. Abbiamo ascoltato Subsonica, Bluvertigo e Velvet per cercare di carpire come completare il puzzle che avevamo nella testa. Quindi probabilmente ci piacerebbe collaborare con i Subsonica o i Velvet, visto che i Bluvertigo ormai non ci sono più. Anche se comunque c’è da dire che una collaborazione l’abbiamo già fatta in questo disco per la realizzazione della ghost-track che infatti porta la firma di Megahertz, polistrumentista di Morgan e futuro componente della super band di X-Factor, al fianco di Federico Poggipollini, Sergio Carnevale e Marco “Garrincha” Castellani.
Cosa provate quando vi esibite in pubblico?
Il live è un po’ come una gara per un atleta, ci sono dietro tanti sacrifici e tanto allenamento per arrivare poi a mettersi in gioco. L’emozione del live è sempre tanta e probabilmente un’artista non arriverà mai preparato al palco perché ogni volta è una nuova sfida. Forse è proprio questo che rende speciale il “fare musica”. Vorremmo rispondere dicendo che ognuno dovrebbe almeno una volta provare a mettere piede su un palco per capire le emozioni che si provano realmente.Avete sicuramente già dei fans, qual è il complimento più bello che vi hanno fatto finora?
Sì, abbiamo già dei Fans che ci seguono e ci fanno sempre sentire il loro appoggio. Il complimento più bello? Sicuramente quando le persone ci dicono che il nostro disco piace e che cantano le nostre canzoni in macchina e il fatto che le abbiano già imparate a memoria.Vi è mai successo di ricevere delle critiche? Se sì, qual è il vostro atteggiamento innanzi a commenti negativi?
Sì molte volte, ma se sono costruttive fanno piacere. Abbiamo deciso infatti insieme al nostro ufficio stampa di far recensire il nostro disco anche a gente vicina al mondo metal/hard rock per capire cosa ne pensavano del nostro lavoro che dista molto dal loro genere musicale, perché potrebbero farci notare cose e sfaccettature che a noi sembrano scontate e che magari invece ci possono aiutare a crescere. La ricerca del suono è una cosa da non sottovalutare e le influenze musicali possono venire da ogni genere.Cosa pensano i vostri familiari e amici della scelta di fare musica e del vostro percorso artistico?
I nostri familiari e i nostri amici ci sostengono sempre e sono una parte fondamentale del nostro percorso. Ovvio che gran parte del nostro tempo è occupato dalla musica quindi ne resta poco da dedicare a loro, in particolar modo per gli amici, ma capiscono e sanno quanta passione mettiamo in quello che facciamo. Comunque sappiamo ricavare i nostri spazi al di fuori della band.
Qual è il vostro punto di vista riguardo alle tantissime band emergenti valide che cercano di affermarsi in un “mercato” assai difficile come quello italiano?
Di questo discorso potremmo parlarne per delle ore. Che dire Deborah? Siamo in tanti e in un mercato che offre sempre meno sbocchi ed è sempre più concorrenziale. Da un certo punto di vista è un bene perché vuol dire che la gente ha bisogno di esprimere le proprie idee e di condividerle e perché così il panorama musicale si arricchisce ogni giorno sempre di più di nuovi progetti e di nuove sperimentazioni. Il problema è che non ci sono spazi per poterle fare ascoltare se non con i molteplici canali indipendenti che il web mette a disposizione. Noi abbiamo cercato di costruire, per quanto possibile, qualche cosa di un po’ diverso per il mercato italiano, pur capendo di non aver inventato nulla di nuovo, cercando di miscelare sonorità un po’ più rock con i suoni elettronici, una sorta di avvicinamento alla musica Industrial che in Italia non trova molti rappresentanti. Infatti l’orientamento per ora è quello ma, mai dire mai, vedremo le idee nuove che metteremo in studio prossimamente per cercare di imbastire il nostro prossimo disco.
Cosa sognate e come vi immaginate tra 10 anni?
Tra 10 anni ci immaginiamo con ancora più passione e ancora più carica di adesso, ma con maggiore esperienza, e con la stessa voglia e lo stesso bisogno di scrivere e di esprimere la nostra musica con la speranza che questa abbia raggiunto il maggior numero di persone possibili.
Siamo giunti alla conclusione della nostra intervista. È stato davvero un onore ed un piacere per me aver la possibilità di intervistarvi e di recensire il vostro primo album. Ho avuto modo, e ve lo dico con immenso piacere, di constatare che oltre alla bravura in voi è presente una dote che ritengo fondamentale avere per essere davvero dei grandi non solo nella musica ma nella vita: la vostra immensa genuinità.
I miei complimenti ragazzi per l’album e per il vostro modo di essere.
Lunga vita alla vostra musica… disSETAteci col vostro sound!
Grazie Deborah per questa intervista, ci ha fatto molto piacere fare due chiacchiere con te e gli amici di We Rock \m/. Seguiteci sul nostro sito ufficiale o su facebook. Un consiglio a tutti: ascoltate la musica delle nuove band emergenti perché sono loro che hanno più di chiunque altro la fame e la voglia di esprimersi e di parlare alla gente con il proprio sound. Un saluto da Luca, Alberto, Rudy, Lorenzo e Matteo (SETA).
Deborah Daniele